RISCHIO CANCEROGENO, MUTAGENO e REPROTOSSICO (CMR)
Pageambiente esegue campionamenti e valutazioni del rischio cancerogeno, mutageno e reprotossico presso le aziende con l’obiettivo di ridurre l’esposizione dei lavoratori ad agenti chimici) aventi effetti cancerogeni e mutageni e reprotossici.
Nei diversi contesti industriali l’esposizione dei lavoratori ad agenti cancerogeni, mutageni e alle sostanze reprotossiche (ed il conseguente rischio), si può presentare:
- a causa delle sostanze e prodotti chimici utilizzati (ad esempio nei settori agricolo, chimico/farmaceutico, cosmetico, in alcuni ambiti del settore metalmeccanico quali attività di verniciatura ecc.);
- come esposizione ad agenti generati come sottoprodotti del processo produttivo (sono esempi caratteristici: nichel e cromo esavalente nelle attività di saldatura; formaldeide e benzene a seguito di combustione; silice libera cristallina nella lavorazione di molte pietre naturali ecc.)
La valutazione del rischio cancerogeno mutageno e reprotossico
Il rischio cancerogeno mutageno e reprotossico è regolato dal D. Lgs. 81/08 al Titolo IX, Capo II.
È fatto obbligo al datore di lavoro di valutare il rischio da esposizione (sia inalatoria che cutanea) dei lavoratori ad agenti classificati, secondo le norme vigenti (le quali sono in costante evoluzione e aggiornamento), come cancerogeni e/o mutageni.
L’esposizione più frequente e più difficile da controllare nei luoghi di lavoro è quella di tipo inalatorio (vapori o polveri che si liberano in atmosfera durante le lavorazioni e possono essere inalate dai lavoratori). A livello operativo, la procedura di valutazione dell’esposizione inalatoria è regolata dalla norma UNI EN 689:2019.
Pageambiente effettua campionamenti personali e ambientali per la verifica dell’esposizione dei lavoratori ad agenti cancerogeni e/o mutageni e la conseguente valutazione del rischio.
La valutazione del rischio cancerogeno e mutageno deve essere effettuata ad intervalli regolari, con cadenza almeno triennale prendendo in considerazione:
- i prodotti utilizzati, la composizione, lo stato fisico, la quantità e le modalità d’uso, al fine di valutare la potenziale presenza di agenti cancerogeni e/o mutageni e la tipologia dell’eventuale esposizione;
- le attività e lavorazioni eseguite, la loro frequenza e durata, al fine di determinare eventuali sottoprodotti cancerogeni/mutageni delle lavorazioni;
- le condizioni del luogo di lavoro: disposizione delle postazioni, presenza dei DPC, possibili interazioni fra le postazioni di lavoro, corretta pulizia e manutenzione delle postazioni;
- organizzazione della giornata lavorativa: durata dei turni, delle pause, presenza ed utilizzo dei DPI.
Gli obblighi del datore di lavoro
Il datore di lavoro si deve impegnare ad eliminare o ridurre le cause di esposizione ad agenti cancerogeni e/o mutageni, ogniqualvolta si determina una esposizione dei lavoratori a tali agenti.
In ordine di priorità deve:
- eliminare l’agente cancerogeno o mutageno rilevato, mediante modifica del processo produttivo o sostituzione delle sostanze utilizzate con altre non pericolose;
- se i processi o le sostanze non possono essere modificate, eliminare l’esposizione mediante l’utilizzo di un sistema chiuso per svolgere la lavorazione (se tecnicamente possibile);
- ridurre il livello di esposizione mediante l’utilizzo di DPC quali aspirazioni (possibilmente localizzate: cappe, banchi aspirati ecc.);
- dotare i lavoratori di tutti i DPI necessari ad eliminare, o quantomeno ridurre, l’esposizione.
Il rischio da esposizione a sostanze reprotossiche
Il concetto di reprotossico si estende a tutte quelle sostanze che hanno effetti negativi sul sistema riproduttivo di donne e uomini tali da compromettere la fertilità e causare aborti spontanei, malformazioni o ritardi nello sviluppo del feto.
Classificazione delle sostanze reprotossiche
La classificazione di queste sostanze segue i criteri contenuti nel REACH (CE numero 190/2006) e nel CLP(Regolamento CE numero 1272/2008): il parametro di riferimento è il livello di pericolosità ovvero la gravità degli effetti sulla salute delle persone.
Le categorie di pericolo individuate sono due: 1A e 1B.
Si distinguono inoltre le sostanze reprotossiche prive di soglia, ovvero quelle che non presentano un livello di esposizione sicuro, e quelle con valore soglia che lo hanno e per le quali il rischio è adeguatamente contenuto.
D. Lgs. 135/2024: la nuova normativa di riferimento
Il D. Lgs. 135/2024 modifica il Testo Unico sulla Sicurezza (D. Lgs. 81/2008), estendendo gli obblighi già previsti per gli agenti cancerogeni e mutageni anche alle sostanze reprotossiche di categoria 1A e 1B.
L’obiettivo è tutelare la fertilità e lo sviluppo della prole dei lavoratori.
⇒ Leggi la news sul D. Lgs. 135/2024 per conoscere nel dettaglio i cambiamenti per le aziende
Obblighi principali per il datore di lavoro
Il datore di lavoro deve:
- adeguare le proprie procedure di sicurezza, focalizzandosi sulla prevenzione dell’esposizione a sostanze che possono compromettere la salute riproduttiva. Nello specifico:
- valutazione dei rischi: integrare il DVR includendo le sostanze reprotossiche. La valutazione del rischio deve prendere in considerazione il tipo di sostanza (con o senza soglia di rischio), la fase del processo produttivo e i lavoratori coinvolti;
- misure di prevenzione: adottare una gerarchia di misure per eliminare/ridurre l’esposizione. La priorità è la sostituzione della sostanza tossica con un’alternativa più sicura. Se ciò non è tecnicamente possibile, il datore di lavoro deve implementare sistemi chiusi, o altre misure tecniche di contenimento, per portare l’esposizione al livello più basso possibile;
- informazione e formazione dei lavoratori: fornire ai lavoratori esposti una formazione aggiornata sui rischi specifici delle sostanze reprotossiche e sulle misure di protezione da adottare. La formazione deve essere documentata e periodica, in particolare quando cambiano le condizioni di rischio;
- sorveglianza sanitaria: i lavoratori esposti al rischio devono essere sottoposti ad una sorveglianza sanitaria regolare, gestita da un medico competente. Particolare attenzione deve essere rivolta alle lavoratrici in età fertile e a quelle che intendono programmare una gravidanza;
- registro di esposizione e cartelle sanitarie: istituire e tenere aggiornato un registro dei lavoratori esposti alle sostanze reprotossiche. Conservare i dati per almeno cinque anni dopo la cessazione dell’attività che comporta l’esposizione;
- nuovi valori limite: rispettare i nuovi valori limite di esposizione professionale e biologica introdotti dal decreto per sostanze, come i composti del nichel e del piombo.
→ Consulta il documento per conoscere l’elenco aggiornato delle sostanze reprotossiche
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